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16 settembre 2008

controcorrente

Chi è davvero un cristiano "controcorrente"?

Quello "che molla", che abbandona disgustato il mondo del business e degli stipendi dorati, delle settimane senza orari e delle scelte da "caimani" per cercare qualcosa di "Alternativo", di strutturalmente meno disumano? O chi resta in coscienza lì dove la vita lo ha condotto e cerca di essere un "creativo" dello Spirito, nonostante tutto e tutti, e conquistarsi la libertà nel proprio lavoro, giorno dopo giorno?

Questa è la domanda di fondo che pone Controcorrente. La mia storia di cristiano e di manager, saggio-diario di Giuseppe Sbardella, dipendente e poi dirigente IBM, ora in pensione (nella sua vita è stato determinante l'incontro con Chiara Lubich e il movimento dei Focolari).

Nel mio caso, per la mia vita fino a oggi, si tratta di una domanda davvero cruciale. Che ancora mi interroga, nonostante scelte già fatte e non rimpiante... semmai rimeditate. Rimeditate sul "come". Ma questo è diario personale...

La risposta scelta dell'autore è stata con chiarezza la seconda. Ma nelle conclusioni del libro si capisce che non può e non deve essere una scelta "moralistica", quasi superomistica: "Ma è sufficiente la testimonianza personale, la fedeltà ai propri principi talvolta fino al 'martirio' (e oggi il martirio non consiste più nel perdere a vita, ma nel perdere l'aumento di stipendio, la promozione, in alcuni casi anche il lavoro) per cambiare una realtà ormai intrisa di cultura materialistica e consumistica? ... Di fronte a queste strutture di egoismo... singoli comportamenti non hanno forza sufficiente per incidere. Ben diversa forza avrebbero delle 'strutture di solidarietà'...".

Un diario semplice in cui meritano una meditazione i saltuari corsivi, in cui l'autore concentra le sintesi più importanti della propria riflessione ed esperienza.
Un libro di un manager che crede che l'economia possa funzionare benissimo (intendendo, in modo giustamente profittevole) senza calpestare la dignità degli uomini... In un mondo in cui si licenziano migliaia di persone, non perchè si è in perdita ma perchè si "é guadagnato meno del previsto".

01 luglio 2008

saper perdere

Compiti per le vacanze... (torno il 19 agosto)

"Perdere, insomma: saper perdere è legge del Vangelo, come la Desolata ha perso, per far la volontà di Dio, cioè per Dio, persino Gesù:... la sua Opera. 'Perdere' per essere tutta protesa in ciò che Dio vuole da me nel presente.
Perdere tutto: perchè in quel vuoto rientri il sole di Dio, e in Lui si trovino al giusto posto e nelle esatte proporzioni, e nelle sante sfumature, gli affetti miei, i pensieri miei..."
Chiara Lubich

ps. il nuovo cardinale vicario a Roma, nel frattempo, è mons. Agostino Vallini. Sono molto fiducioso.
Anche se ormai resteremo un po' irrimediabilmente "ruinati".


04 giugno 2008

chi cerca trova

dalle mie letture sull'autobus quotidiano...

"Cercare non la nostra santità, ma il Santo". Questa mattina Chiara Lubich, di cui non avevo mai letto nulla prima della sua morte, mi ha regalato questa piccola perla.

Con la sua semplicità "involontariamente poetica" (rubo e re-interpreto una definizione recente di Giovanni Casoli), la Lubich racchiude una cosa dalle profondità insondabili in una frase brevissima.

Ho tentato di proporvi la risonanza cha ha suscitato in me, ma non ci riesco. Rovinerei tutto.

Ve la riconsegno così. A ognuno, se Dio vuole, susciterà un pensiero appropriato.

ps. del libro da cui ho tratto questa frase, parlerò appena lo avrò terminato.

25 gennaio 2008

la scelta

(...) La Ferla apparteneva a quella categoria di persone che per arrivare allo scopo sarebbero disposte a vendere anche la madre (...). Ecco perchè lui stava sempre con chi comandava, riuscendo a passare con disinvoltura dalla destra alla sinistra. Per ingraziarsi il potente di turno era disposto a tutto: fare delazione, imbrogliare e soprattutto scrivere ciò che faceva piacere a chi comdandava. E quando glielo rinfacciavi argomentava "finiamola con certe ipocrisie. Il mondo va così ed andrà sempre così. Oppure pensate che lo si possa cambiare con i vostri moralismi?". (Alfio Sciacca, "Chi ha ucciso Pippo Fava", in La Scelta, Novantacento edizioni, 2007).

La scelta è una raccolta polifonica di racconti brevi che ho scoperto grazie ad uno dei suoi curatori, Salvo Toscano, incontrato un bel dì per caso sul web.

Storie di uomini e donne che hanno creduto che il mondo "non va così e basta", nonostante i diversi La Ferla da cui siamo ognidì accerchiati o solo rattristati. Scegliere fa sempre la differenza.

Un bel modo di ricordare delle persone (i tanti martiri della mafia) prima che diventino solo simboli buoni per farsi 10 minuti di lavaggio della coscienza.

Perchè i moralismi non cambiano il mondo, ma gli uomini e le donne che si convertono e scelgono il Bello, sì.

ps. x Salvo: il tuo racconto andrebbe letto in un dibattito sulla 194. Con fermezza e col sorriso sulle labbra. Ma è autobio?

17 gennaio 2008

logo o no logo?

Pubblico un recente commento di un affezionato lettore. Nonchè carissimo fratello nella fede, Marcello.
Lo ritengo indispensabile per completare al meglio i "capitoli" 1 e 2 sul tema "potere".

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Il Vangelo su questo tema è chiarissimo e non lascia spazio a interpretazioni: il ruolo/potere/dignità deve farsi servizio per l’altro. Altro non è dato.

Mi permetto per la seconda volta di citare don Andrea Santoro, prete e missionario romano in Turchia, perché il nostro caro moralista lo conosceva bene.

Pochi giorni prima di essere ucciso, tentando di spiegare il ruolo/potere/dignità della Chiesa e dei cristiani in Medio Oriente, scriveva: “Il vantaggio di noi cristiani nel credere in un Dio inerme, in un Cristo che invita (…) a servire per essere “signori” della casa, a farsi ultimo per risultare primo (…), è un vantaggio da non perdere. È un vantaggio che può sembrare ‘svantaggioso’ e perdente e lo è, agli occhi del mondo, ma è vittorioso agli occhi di Dio e capace di conquistare il mondo. (…). Non è facile, come non è facile la croce di Cristo sempre tentata dal fascino della spada.” (Lettere dalla Turchia, p. 234).

Penso che queste parole si applichino bene anche al ruolo/potere/dignità della Chiesa e dei cristiani nel mondo intero, oltre che nel Medio Oriente.

Don Andrea in particolare sottolinea il fatto che il modello di questo ruolo/potere/dignità è la croce. E la croce non è il “logo” della Chiesa o dei cristiani, ma è morire per gli altri.

15 gennaio 2008

un blog che mi fa pensare

Vari amici bloggers hanno avuto la bontà di segnalare questo blog tra i loro 5 preferiti. Si tratta di un'iniziativa partita da un punto qualsiasi della rete e che si chiama "thinking blogger award": il blog che ti fa pensare...

Per non scontentare nessuno, disobbedisco alla regola e segnalo un solo blog, di un amico che dice di avere 2 soli lettori e che pochissimi conoscono.

Il blog che a me fa davvero pensare si chiama Ticchettòcche: poesia, fede e vita quotidiana (che poi sono forse un po' tre facce della stessa realtà) distillate con sensibilità e attenzione. Senza polemiche... A me, così moralista, fa bene.


27 dicembre 2007

radici

una parola molto "moralista" è radicalità...

I discendenti di Kunta Kinte nel celebre romanzo Radici (poi raccontato anche in Tv), che ho appena finito di rileggere, volevano sapere la storia del loro progenitore... ma noi vogliamo davvero sapere da quale radice scaturisce la nostra fede? Messi di fronte all'evidenza dell'Incarnazione, della Croce e della Resurrezione, siamo disposti a non tagliare questa scomoda ma bellissima radice? Vogliamo davvero sapere da dove veniamo?

Più volte mi capita di partecipare a discussioni, reali e virtuali, in cui improvvisamente al comparire della parola "radicalità" si manifestano reazioni di insofferenza se non di dispetto, rivolte in special modo a chi sostiene di aspirare ad una radicalità nella vita di fede.

Perchè?

C'è in giro un bisogno sommerso di radicalità, di criteri guida profondi e non opportunistici.
Come rispondiamo come credenti e come Chiesa? E cosa cerchiamo per noi stessi?

Sovente alla comunicazione della radicalità del nostro personale incontro reale con Cristo (ma c'è stato?), si preferisce proporre "la radicalizzazione" ideologica della fede, che così diventa l'ombra bellicosa di se stessa... una deriva allo stesso tempo comoda e insidiosa.

Caro Kunta: voglio sapere prima da dove vieni e non cosa pensi.

20 novembre 2007

io bombarolo


Dal mio amico Alessandro (sperando di corrispondere il meno possibile all'identikit):

...Infine per il mio amico moralista: «...(egli) è un moralista malcontento di sè e degli altri, quindi il massimo di aggressività repressa. E' una bomba a orologeria che esplode al momento sbagliato...» (Giuseppe Pontiggia, Il giocatore invisibile)



(foto di yomi955 - Flickr)



17 ottobre 2007

il tesoro nascosto


"La vita spirituale è una ricerca lunga e spesso ardua di quello che hai già trovato. Puoi cercare Dio solo quando lo hai già trovato".

Henri J.M. Nouwen

Nouwen è uno dei miei autori spirituali preferiti. Mette al centro del cammino di ricerca umana e di fede di ciascuno la certezza di avere a che fare con un "Dio Papà".

Ho terminato di leggere questo libro, La voce dell'amore, che è anche molto duro e va letto a piccole dosi, ma ve ne sono altri bellissimi. In particolare ho amato e appuntato nel cuore L'abbraccio benedicente (una bellissima esegesi della parabola del Padre misericordioso/Figliol prodigo) e La coppa della vita (che degli splendidi amici hanno usato come riferimento per pregare insieme a me e a mia moglie prima del nostro matrimonio).

Su questo libro, dal sito delle edizioni Queriniana:

Dalla quarta di copertina:È questo il “diario segreto” di Henri Nouwen. È stato scritto durante il periodo più difficile della sua vita, quando all'improvviso perdette la stima di sé, l'energia per vivere e per lavorare, il senso di essere amato, persino la sua speranza in Dio. Pur avendo sperimentato una torturante angoscia e una tormentosa disperazione, è ancora riuscito a tenere un diario nel quale scriveva ogni giorno un imperativo spirituale diretto a se stesso, che emergeva dalle sue conversazioni con gli amici e le persone che incontrava. Ora questo diario viene pubblicato per quanti nell'ora della prova vogliono rimanere saldi come alberi quando s'abbatte la bufera, riuscendo a percepire la voce interiore dell'amore, che sostiene la vita di ogni essere umano.

18 luglio 2007

la famiglia e il buon samaritano

Leggo e condivido una particolare esegesi della notissima parabola evangelica del Buon samaritano. Al centro della riflessione che segue c'è la famiglia e l'abuso che a volte si fa del suo buon nome, senza aiutarla davvero ad "essere ciò che è"...

Famiglia... scuola d’amore

“La famiglia scendeva da Gerusalemme a Gerico per le vie tortuose della storia, quando incontrò i tempi moderni. Non erano più briganti degli altri, ma si accanirono contro la famiglia. Le rubarono la fede, che più o meno aveva conservato, poi le tolsero l’unità e la fedeltà, la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l’ospitalità per i viandanti e i dispersi. Passò per quella strada un sociologo e disse: “E’ morta”. Passò uno psicologo e disse: “Era oppressiva. Meglio sia finita”. La incontrò un prete e la sgridò: “Perché non hai resistito? Forse eri d’accordo con chi ti ha assalito?”.
Infine passò il Signore, che la vide e ne ebbe compassione e si chinò su di lei lavandole le ferite con l’olio della sua tenerezza e il vino del suo Amore. Se la caricò sulle spalle e la portò alla Chiesa affidandogliela e dicendo: “Ho già pagato per lei tutto quello che c’era da pagare. L’ho comprata con il mio sangue. Non lasciarla sola sulla strada in balìa dei tempi. Ristorala con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno ti chiederò conto di lei”.
Quando la famiglia si riebbe, si ricordò del volto del Signore e, guarita dalla sua solitudine egoista e dalle sue divisioni, decise di fare altrettanto e di fermarsi accanto a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un amore vicino a chi soffre ed è solo”. In questi mesi in Italia la famiglia è al centro dell’attenzione dei media e oggetto di un grande dibattito politico. Spesso la passione di parte non permette di cogliere quale sia il nocciolo della questione e la confusione aumenta. Spesso le diagnosi dei disagi non sono accompagnate dal suggerimento dei rimedi…

Forse un rimedio c’è e a portata di
mano: lasciarsi curare da Chi è venuto per ridarci il sapore della vita, non per toglierci la gioia dell’esistenza. E una volta guariti saperci fermare per far sentire umilmente, con i fatti, che “c’è sempre un amore vicino a chi soffre ed è solo”.

Don Aldo Martini (dal giornale dell'
Opam - giugno2007)


(foto di merfam - Creative commons license ... e non mi chiedete cosa c'entri la foto perchè non so rispondere)

02 luglio 2007

sempre meglio d'un canchero...

Lo so, sarebbero fatti da tenersi per sé.

Ma volevo scrivervi due cose.

La prima è che oggi ho avuto la Grazia di pregare sul Vangelo del giorno (Mt 8, 18-22):

Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all'altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti».

Non vi annoierò dicendo perchè mi è capitato di soffermarmi sulle parole "ordinò di passare all'altra riva"... sarebbe troppo lungo.

La seconda cosa, invece, attiene alla vita e dopo ai "morti da seppellire", e alle famiglie d'origine che, spesso senza che se ne accorgano e che ce ne accorgiamo noi, diventano carnefici e nemici della Verità, freno alla nostra libertà e gioia di Figli amati da Dio.

La parte bella, anzi bellissima, è che io e mia moglie (più lei che io, come al solito) aspettiamo un terzo o una terza figlia: il Signore ci accompagni!

La parte brutta sono le reazioni delle famiglie d'origine...
Tanto per farvi capire il clima di solidarietà e accoglienza registrato dopo la nostra piccola annunciazione, vi condivido questa chicca dalle vive parole della mia vecchia nonna, originariamente in slang aretin-fiorentino:
il mi fratello 'e diceva: sempre meglio d'un canchero (mio fratello diceva: sempre meglio d'una brutta malattia)...

Do atto a mia nonna che almeno si è ripromessa di "dire un Rosario speciale per noi". E poi le sono molto grata per tante cose. Ma tant è. Senz'altro una vita è meglio di un canchero...

(foto di James Preston - CC License)

07 giugno 2007

sa casta

Sono testé rientrato dalla Sardegna: regione splendida, soprattutto nelle sue parti meno turistiche e briatorizzate, e quindi anche più accessibili per il mio portafoglio; e poi una popolazione apparentemente discreta e dignitosa, ricca di cultura e storia, nonchè amici davvero ospitali e generosi.

Mi è sembrato però di entrare, come in certi libri di fiabe, direttamente nelle pagine e nel cuore delle argomentazioni dell'ormai famigerato libro La Casta, di Gian Antonio Stella & Co., a proposito di sprechi e furbizie varie, ormai di routine nella nostra cosa pubblica.
Per la precisione, sono stato al mare in una delle località di una Comunità montana (!) situata a 9 metri slm e ho dormito in uno dei due capoluoghi (!) di una delle nuove improbabili province italiane (l'Ogliastra bi-fronte, ossia Lanusei + Tortolì, nel già nuorese, 20 mila anime sparse in tutto).

Su questo tema segnalo, grazie alla mia fonte privilegiata, un interessante (e molto moralistico) commento di Paolo D'Anselmi nella newsletter della Ferpi.

Per la serie, "nun ce provate": la politica di oggi è figlia della società tutta.
Sguazziamo finchè ci fa comodo nei j'accuse, ma guardiamo anche alle nostre (?) complicità, alle nostre responsabilità diffuse, ai nostri piccoli e grandi "sprechi" e "affarucci" quotidiani.
Perchè "tanto, fanno tutti così"...

24 maggio 2007

di carne e di sangue




... Egli mostra che, senza la realtà di Gesù, fatta di carne e di sangue, «il cristianesimo diviene una semplice dottrina, un semplice moralismo e una questione dell’intelletto, ma gli mancano la carne e il sangue»

Carlo Maria Martini
(dal commento a Gesù di Nazareth, di Joseph Ratzinger)


(foto di antmoose - CC License)

21 maggio 2007

Deserti



"Come rimedio alla vita di società suggerirei la grande città. Ai giorni nostri, è l'unico deserto alla portata dei nostri mezzi".

Albert Camus


(foto by kaex0r - CC License)

16 maggio 2007

L'elmo di Alessandro

Esempi eccelsi di moralismo...

Alessandro Magno incontrò alcuni Macedoni che trasportavano in otri, a dorso di mulo, acqua che avevano attinto a un fiume. Vedendo Alessandro provato dalla sete del mezzogiorno, riempirono velocemente un elmo e glielo porsero… Egli prese l'elmo nelle sue mani ma, guardando attorno a lui, vide che la sua cavalleria dirigeva lo sguardo bramoso sulla bevanda. Allora la rese senza aver bevuto e, ringraziando, disse a chi l'aveva offerta: «Se bevo solo io, questi uomini perderanno coraggio».
Il sole implacabile, il deserto, il corpo stanco, le labbra aride e soprattutto gli sguardi di tanti uomini su quell'elmo colmo di acqua: è da qui che nasce la forza esemplare del gesto di Alessandro Magno, narrato dallo storico greco Plutarco nella celebre Vita di Alessandro, composta agli inizi del II sec. d.C. Due sono gli spunti che possiamo raccogliere da questo notissimo episodio. Innanzitutto la fermezza del famoso sovrano che supera la tentazione dell'insindacabilità del potere e dei privilegi e si pone al livello degli altri, delle persone comuni che però condividono le stesse esigenze umane. È il risultato di un rigore non solo personale, quasi ascetico, ma anche del rispetto delle necessità comuni, è il frutto di una sensibilità e nobiltà d'animo che vince ogni egoismo.
C'è, però, un altro profilo nell'atto di Alessandro ed è quello della testimonianza. Se ti preoccupi solo dei tuoi vantaggi, non potrai mai essere un educatore di altri. È per questo che la gente spesso non ha fiducia nelle classi dirigenti in tutti gli ambiti della vita sociale, perché non vede in essi che la corsa all'esito personale, all'interesse privato, al privilegio. È anche per questo che tanti genitori ed educatori non incidono nell'animo dei giovani: quella che manca è la testimonianza, lezione più efficace di ogni discorso. (Gianfranco Ravasi)

(foto di Catnip Intoxicating - CCLicence)

27 aprile 2007

il moralista e il caleidoscopio

Un noto vaticanista mi ha dedicato "con simpatia" questa favola di Carlo Emilio Gadda: “Un moralista volle vedere nel caleidoscopio: ma ne torse il capo ischifito: ‘Oh, oh, oh!’, badava esclamare” (Il primo libro delle favole, Mondadori 1969, p. 19).

Io non ho capito la finale (voi?). Ma "l'ischifo" di fronte alla vista del caleidoscopio è mooolto moralista!

04 agosto 2006

Un po' differenti, un po' uguali (letture)


In cosa si distingue, oggi e sempre, un cristiano dagli altri?
La domanda è complessa, ricca di sfaccettature e possibili risposte, e nasconde alcuni pericolosi rischi. Ma è fondamentale per un battezzato "praticante" (... detesto questa gelida espressione) ed anche, forse di più, per un non cristiano o un "lontano", per usare un linguaggio conciliare.

A questa ed altre domande, mi pare tenti di dare un senso un recente ed agile libretto di fr. Enzo Bianchi (priore della Comunità ecumenica di Bose, ormai anche affermato editorialista su quotidiani nazionali), La differenza cristiana, di Einaudi.
Bianchi è una di quelle figure che mi piacciono molto: obbediente, rigoroso e profondo amante della Chiesa - pur in tutti i suoi limiti - ma capace di libertà, ampiezza di sguardo e "caloroso dissenso" proprio in nome della sua fede. Una fede che nasce da un incontro, da un'esperienza concreta, da una relazione con una Persona che giorno dopo giorno ti cambia la vita e la indirizza (anche nel piccolo); e non una religiosità formale/etica o di convenienza sociale o ideologica e puramente cerebrale.

Gli spunti - su laicità e laicismo, rapporti chiesa e politica, scontro di civiltà, ruolo della "gerarchia" e dei semplici battezzati dentro e fuori la Chiesa - sarebbero moltissimi e attualissimi.

Un assaggio. La "differenza" cristiana è, tra le altre cose, il contrario della "indifferenza" nella vita privata come in quella sociale,: l'indifferenza di chi dice "non è affar mio/mi faccio gli affari miei" e quella più celebrata e di attualità di chi dice e agisce pensando che, in fondo, nelle scelte della vita, "tutto fa brodo", "questo o quello pari son" etc etc... ossia quel "relativismo" a più riprese denunciato, non sempre in modo dialogante ed azzeccato, da tante voci nella Chiesa.

Chiudo. Mentre p. Bianchi presentava questo libro, in Italia si era in pieno dibattito sullo "scontro di civiltà", sulla "persecuzione dei cattolici", sul "rischio di essere minoranza". E mentre anche il Papa pareva accondiscendere, nei rapporti con l'Islam, alla tesi/principio della reciprocità (del tipo "io ti riconosco qui se tu fai lo stesso dalle tue parti"), Bianchi in Tv (da Fabio Fazio) la smontava serenamente, ricordando che il cristianesimo è gratuita e non reciprocità, è la fede di chi, in nome di Cristo, arriva ad amare il suo nemico e di chi non teme la definitività della Croce. Nè il rischio - benedetto, secondo me - di essere minoranza (e non élite!).

Solo un mese prima Bianchi aveva incontrato in udienza privata proprio Benedetto XVI. Che si saranno detti?

03 maggio 2006

La Parola, le parole (letture in corso)


"Sì, lo dobbiamo affermare. C'è un cambiamento radicale... nella cultura e nel costume... Siamo come al principio... Quando un'epoca comincia, quando un uomo ricomincia, il primato deve essere dato alla fede. La cultura, anche se permeata di fede, viene dopo. L'uomo non segue Cristo nella cultura, lo segue nella fede".
(Carlo Carretto - Ho cercato e ho trovato)


P.s. Carlo Carretto è stato lettura importante nella mia piccola storia di conversione (sempre in corso) da cristiano "delle forme" a cristiano "della consapevolezza".
Oggi trovo questa sua frase. Dice molto sulla tentazione diffusa nella Chiesa (e non) di idolatrare la cultura (ideologia?) cristiana senza farsi convertire da Cristo...

02 maggio 2006

E chi si scandalizza più?


"Chi si scandalizza è sempre banale... qualunquista... moralista".
(P.P. Pasolini - Scritti corsari)


p.s.: dopo lungo silenzio, riappaio così citando un maestro nell'arte dello scrivere. Non sono un pasoliniano in toto, ma scriveva (a volte) da dio. Con questa frase, all'interno di un suo articolo per il Corriere in cui commentava la polemica nata intorno ad un suo dibattito via stampa con... Giulio Andreotti, Pasolini si difende dalle accuse di qualunquismo rivoltegli da destra e sinistra (è letteralmente il caso di dire).
Ve ne consiglio la lettura: è attuale, chiaro (non sempre Pasolini è facilmente comprensibile) e utile per mettersi tutti in discussione.

p.s.2.: W chi si scandalizza ancora... per le cose banali, nessuno si espone più.

07 marzo 2006

Codice Da Vinci
La mediocrità che diventa Cult
(e anche un film)


Pubblico una mia vecchia recensione. In questi giorni si sta svolgendo il processo per plagio aperto dai due autori della presunta fonte storica citata dall'autore di "Codice da Vinci", Dan Brown. Un romanzo che ha avuto una grandissimo successo di vendite. Comprensibile, ma inquietante.

Un romanzo mediocre, anzi, più semplicemente, "brutto": un intreccio complesso ma tutto sommato banale, scritto in maniera fin troppo elementare (ma forse è anche colpa di chi traduce). Senza contare alcuni refusi clamorosi (e segnalatori per chi legge senza bersi qualsiasi cosa) come il titolo "eminenza" usato per appellarsi ad un vescovo (il cui titolo sarebbe, volendo, "eccellenza")!

In breve la trama. Un giallo "stile" Follet che si aggira, con qualche abilità "acchiappa stressati" ma a volte in modo rugginoso, intorno alla solita storia di templari, sette segrete, sacri graal, chiese cattive e oscurantiste (Opus dei compresa) e che si regge su una tesi: Gesù e la Maddalena (icona del "femminino sacro") hanno avuto dei figli, una progenie divina che qualcuno vuole negare (ed eliminare) da secoli. Il resto è facilmente immaginabile, tanto che dopo le prime 10 pagine si riescono ad indovinare quasi tutte le evoluzioni successive (senza essere un cartomante). Tutto bene, in fondo, se l'autore non pretendesse (anche se questa nota nell'edizione italiana risulta sparita) che il romanzo si fondi su documenti di "assoluto valore storico" ... quasi tutti gli storici esperti dubitano di questo "valore". Ma tant’è: basta dire che una cosa è "scientifica" (senza sapere chi sono gli "scienziati" e come hanno elaborato - se l'hanno fatto - le loro tesi) che un foglio di carta diventa, è il caso di dirlo, Vangelo.

Ciò nonostante il mercato ci impone di inchinarci al successo travolgente del libro: mi è capitato di incontrare sul tram diverse persone, di ogni "categoria sociale", con una copia di questa nuova bibbia del complottismo... è difficile ormai vedere qualcuno che giri con un libro tra le mani ...

Insomma, "Codice da Vinci" non ci piace perché sembra la versione tipo fiction Tv, americaneggiante e anche un po' frivola, del "Pendolo di Foucalt" (altro livello, per chi ama l’autore)... E quindi, non tanto per le calunnie e soprattutto le banalizzazioni, grossolane e ingenue, del cristianesimo e della solita "Chiesa cattiva", quella del Vaticano per intenderci: problemi di Brown e di chi ci si vuole accanire...il problema è che resta un brutto semi-romanzo.

(foto di warrantedarrest)