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15 febbraio 2010

ma se non noi, chi?

(avvertenze per i lettori sensibili: questo è un post lungo e ad alto contenuto "moralista" rivolto in particolare a chi è cristiano e cattolico. Ma gli uomini e le donne di buona volontà non si sentano affatto esclusi)

Ma - stando così le cose - se non la avviamo, suggeriamo, ispiriamo noi cattolici la "riforma morale" di questo Paese mummificato, chi la dovrebbe fare? Quanto meno, abbiamo il dovere (missione?) di essere in prima linea su questo.

Altrimenti non siamo legittimati a storcere il naso o di ululare alla luna di fronte ai populismi dei Di Pietro, dei Beppe Grillo e dei Travaglio (peraltro cattolico) o di fronte ai massimalismi dei moralisti per antonomasia, ossia quelli di "certa sinistra", o di "certa magistratura", come amano chiosare "certi giornali". Tralascio per pura frustrazione le ipocrisie di tanti paladini ufficiali dei "principi non negoziabili".

Abbiamo il "dovere" di essere in prima linea perché la Chiesa come pochissimi altri ha avuto qualcosa di significativo da dire in Italia negli ultimi anni. Resta ancora da valutare serenamente se si è mossa bene, sia in una prospettiva pastorale che sociale. Se il vero obiettivo era ed è - come detto spesso negli ultimi mesi qua e là - rianimare una generazione di cattolici impegnati nella politica, la strada intrapresa non sembra la migliore.

Di sicuro, quando si attenuerà l'autocompiacimento intellettualistico, e un po' strabico, che ha segnato tutta la reggenza politica del cardinal Camillo Ruini e di chi lo ha eletto come guida carismatica, vedremo tutto con più chiarezza, con meno paure da "assedio" e con tanta più umiltà.

Abbiamo il "dovere" di essere in prima linea perché ce lo chiede il Vangelo.
E quale è la "buona notizia" che sarebbe da portare oggi da parte dei credenti, nella società, nelle istituzioni, nella politica e non ultima nell'economia (cfr. anche Charitas in veritate)?

Che certe cose... si possono fare senza accettare, con falso e spocchioso pragmatismo e cinica rassegnazione, il motto "così va il mondo"... questo si chiama fatalismo e non ha nulla a che fare con il Regno di Dio né con la furbizia degli evangelici serpenti (che senza la purezza delle colombe è un'altra roba).

Moralista? Sì, ma cristiano. Il "moralismo" dei cristiani è quello guidato da fede, speranza e carità (amore)... non da leggi esterne e/o fissazioni volontariste. Leggi senza misericordia per il peccatore, ma magari accondiscendenti con il peccato.

Come cominciare? Per esempio, l'essere davvero "chiesa", sempre, in ogni momento e situazione, anche personale, incoraggerebbe tanti cuori.

Uno dei problemi dell'agire ecclesiale oggi è che molte cose sono in fondo demandate alla "buona volontà" del singolo battezzato, mentre su altre spesso viene usata come "arma di aggregazione" il valore dell'unità dei credenti.

A livello sociale, siamo chiesa (intruppata?) solo quando ci riuniamo in piazza per un Family day? O solo quando in parrocchia ci si chiede il grande sforzo di volontariato (part-time) per questa o quella emergenza?

Io vorrei essere e sentirmi Chiesa in tutte le scelte "contro corrente" a cui il Vangelo mi chiama quotidianamente (scelte familiari, lavoro, relazioni, vita sociale e pubblica) come battezzato. Sapere che - dai grandi compiti istituzionali alle mille pratiche quotidiane - se "amo", se "ho a cuore l'altro che non conosco", invece di sfruttare, dominare, abusare, rubacchiare, sfurbazzare, raggirare, evadere, concutere etc etc ho accanto la mia Chiesa che mi dice "sono con te", fino alle estreme conseguenze.

Una solidarietà fraterna che può essere ideale e concreta allo stesso tempo. Potrei fare decine di esempi (poco evidenti, in genere), ma mi piacerebbe che venissero dai lettori.

E questo, fino alle estreme conseguenze.
Ché se fai una cosa "cristiana" c'è il forte rischio che in effetti non te la passerai benissimo nel mondo. Ma almeno non sarai solo, e sentirai con più forza (sperando di essere già "salvo" in Cristo) che vale la pena.

01 settembre 2009

escalation

C'è una sola cosa chiara nella chiacchierata vicenda legata al direttore di Avvenire, Dino Boffo.

Ed è che essere "moralisti" non conviene: sia se lo sei e hai degli scheletri nell'armadio (immagine d'antonomasia del moralista); sia se lo sei e basta, nel senso che credi davvero nell'esclusiva importanza della morale nella vita; sia che lo sei un po' per gioco (come me).
Basti vedere che lo stesso aggettivo è stato affibbiato contemporanemente, in questi giorni, a persone assai diverse: Boffo, Mancuso e Capezzone, tra gli altri... Questa è la prova lampante che quando ho chiamato così il mio blog c'erano diversi buoni motivi. Il "moralismo" è un tabù, comunque lo si veda, mette paura.

Sulla vicenda. Il gossip, più o meno intellettuale, ovviamente si sofferma soprattutto sui dettagli, con l'alibi di voler cercare "la verità".  Ma in genere il senso delle cose non è nei dettagli ma nell'insieme. C'è chi lo sa e, almeno pubblicamente, gira a largo.

C'è stata una escalation.
Il motivo dell'escalation è che "quoque" Avvenire ha osato pestare i piedi al Premier, alla Lega e sopratutto a tutto il mondo pseudo-catto-italico che lorsignori dicono (a ragione) di rappresentare. Nessuno si senta offeso: se ha la coscienza a posto, e se vota Pdl o Lega, queste parole non dovrebbero comunque farlo vacillare.

Escalation. Lo stile è quello dell'intimidazione mafiosa, evocata anche dal vescovo di Marsala, mons. Mogavero. Tipo: "Non esageriamo con tutto 'sto cristianesimo che qui comandiamo noi, anche nelle sacrestie... se no...". E l'obiettivo dell'intimidazione non è Avvenire. E in fondo non è nemmeno il povero Boffo, che reo o no, incoerente o no, moralista o no, è stato oggetto di un massacro senza avere gli "anticorpi" di Mr B.

L'obiettivo sono tutti i cristiani e i cattolici (di destra, di sinistra, di dove volete e chissene frega) che non usano la fede come una bandierina. Quelli che come si diceva una volta "hanno una coscienza". Insomma, "cristianucci buoni, non veniteci a rompere di qua o di là che abbiamo tante cose da dire sui vostri armadi e sui vostri scheletri".

Ecco, di fronte all'intimidazione, quello che mi interessa continuare a osservare e valutare non è l'innocenza o meno di Boffo, ma la reazione della Chiesa tutta. Per ora, dopo le prime rigorose schermaglie, si annusano fumi di divisione, uno degli obiettivi chiari dell'intimidazione.

In ogni caso, questa vicenda è per me il segnale del fallimento (ingenuo, se non fosse arcinota l'intelligenza della persona) del progetto, culturale, politico e pastorale (pastorale?), di Ruini. E il cardinale ora lascia le "cacche" - quelle che Boffo dice a Feltri di aver pestato oltre che lanciato - a tutti noi credenti.

Un progetto in cui tra le altre cose forse si presumeva di poter gestire comunque "questa politica" e questi politici. Magari con i loro metodi e linguaggi, anche mediatici.

Un progetto in cui si adombra quel "cristianismo", citando Remi Brague, che solo per assonanza si può confondere con il cristianesimo. Forse perché come dice il filosofo francese, "noi siamo solo all’inizio del cristianesimo". Un'occasione da cogliere, anche nelle nostre beghe che sembrano solo l'ennesimo gossip?


(foto flickr/thrig)