24 luglio 2009

la fortuna non esiste


Sono arrabbiato.

Sto leggendo un libro che mi piace, che racconta storie edificanti, incoraggianti... e la sensazione con cui resto, per ora, dopo quella di chi fa "una bella scoperta", è quella della delusione, dello scoramento.
Certo non è colpa del libro.

Parlo di La fortuna non esiste. Storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi di Mario Calabresi, direttore de La Stampa, già inviato negli Stati Uniti.

Sono 10 storie fresche fresche, made in Usa, su come alcuni uomini e donne hanno affrontato (e superato) nella loro vita "la" crisi, inclusa quella economica e finanziaria scoppiata nel 2008.

Sono certo che è un libro che si presta a critiche davvero bi o tripartisan, oppure che può cadere nell'indifferenza per apparente "eccesso di utopia". Anzi, di sogno, di progetto.
Perché noi in Italia, soprattutto a guardare i nostri leader, culturali (Tv) e politici (sempre Tv), siamo quelli del: "Guarda è una bellissima idea... sarebbe bellissimo... ma... solo nel Paese dei balocchi. Ingenuo".

Calabresi racconta, di fatto, l'America recentissima che ha scelto Obama, quello che "il cambiamento"... E già questo farà venire l'orticaria a qualcuno, fissato con la real politick, o solo con 20 metri di coda di paglia. Anche perché quella raccontata da Calabresi, è anche l'America di Cao, vietnamita e neo deputato al Congresso per i repubblicani.

Tutti nel libro testimoniano il valore del cambiamento. Tutti credono nell'importanza di una cittadinanza, non solo politica, che abbia come prima regola quella di "restituire alla comunità quanto si è da essa ricevuto". Tutti vedono nell'impegno personale, anche in politica, come una responsabilità e come una tessera del progetto per il futuro del proprio Paese.

Cambiamento. Cittadinanza. Comunità. Responsabilità. Progetto...
E qui, guardo all'Italia, a noi, e mi incavolo...

Certo, gli Usa sono il Paese delle grandi contraddizioni (per esempio, in questo giorni si sta affrontando il duro nodo della sanità pubblica, una delle cose più sconcertanti negli Usa). Ma sono anche il Paese che in pochissimi anni, a confronto con la storia umana, ha fatto e fa i progressi più rapidi, anche in campo sociale e civile. Un buon biglietto da visita.

Così, quando i tanti Obama, che tentano di prendere in mano oggi le redini negli Usa, dicono "Sì, cambiamo"... per il meglio, ho la sensazione che non è solo propaganda, non è solo abile comunicazione, non è spacconismo alla John Wayne. Loro sembrano crederci, sul serio.
E lo vivono prima di tutto nelle proprie scelte.
E noi?

5 commenti:

marta09 ha detto...

"E noi? ...
Forse la domanda dovrebbe cambiare il pronome e diventare "E io?" ... Non è solo un ribaltare la questione, ma è una presa di coscienza che il noi è fatto di tanti io.
Se ognuno di noi ci credesse in quello che pensa e lo facesse nel proprio piccolo, se ognuno di noi avesse il coraggio (pagando carissimo) di dire e fare ciò che è giusto ... forse qualcuno arriverebbe al "potere" con le idee chiare, con il coraggio di andare contro corrente, con il fegato di "servire l'Italia" e non sé stessi. Forse ... ovviamente "forse".
Quello che rende NOI italiani diversi dagli statunitensi è il nostro sport nazionale che non è il "calcio", ma il lamento ad oltranza.
Ci si lamenta, ma ci si adegua; ci si lagna, ma alla fine si fa lo stesso gioco dei nostri governanti ... non c'è voglia di giocarsi fino in fondo ed il "popolo" asserisce "Ma che ci posso fare io? Comandano loro"
Però c'è anche da dire che - storicamente - il popolo italiano si adegua, si adagia, porta pazienza, si schiaccia, si lamenta ... ma fino ad un certo punto oltrepassato il quale "si scrollla da dosso ogni tipo di parassita" in modo deciso proprio come un cane si ribella a pulci e zecche.
Per DNA siamo fatti così noi italiani e con questo non siamo inferiori solo che dobbiamo imparare ad incavolarci nel modo giusto ... ma incavolandosi così si paga di persona e si paga tanto ... a volte troppo per una sola persona e/o famiglia.

DParlavecchio ha detto...

ci prendiamo un pò di tempo .. gli Americani si sono accroti di Bush dopo 8 anni. Disperati hanno cambiato.

Un modo per dire che le cose hanno i loro tempi e la svolta avviene quando sei "veramente" disperato altrimeti perchè sforzarsi?

Tra l'altro quando vivi sempre nello stesso luogo allo stesso modo ... non ti poni neanche il problema. E se lo fai tu diventi l'eccezione .. vieni identificato e subito dopo .. ucciso :-)

E' una questione di tempi e di tempo (parliamo di decenni, secoli, ..) e di conversione personale, dove la parola conversione significa adesso faccio la svolta, mi giro, .. mi trovo con quanto detto da Marta.

Diciamo che lavoriamo adesso per domani .. i frutti non li vedremo. Ci tocca preparare il terreno...

Non tutti si esaltano .. anzi.

lycopodium ha detto...

L'autore ha le carte in regola: ha tirato su un macigno grande così ...

p.s. ho scovato un tuo "collega":
http://www.carlosusa.eu/

Unknown ha detto...

vi osservo dal monte Taleo (San Biagio - Subiaco)... presto sarò meno sintetico

Gabriella ha detto...

Si, penso anch'io che ci vuole tempo ...
Ho vissuto in america e confermo che gli americani sono proprio come descritti da Calabresi - una mentalità agli antipodi con la nostra.
Una piccolezza: appena arrivata, i vicini si sono subito presentati chiedendo se avevo bisogno di qualcosa. Americani di origine irlandese, cinese, africana, messicana, insomma ... tutti Americani, tutti i miei vicini.
Hanno visto che la più piccola dei miei figli è autistica.
Un po' di giorni dopo mi hanno portato un libricino con tutte le informazioni su scuole, terapie, sport, assistenza, ecc., tutto quello che uno deve sapere per far vivere bene un individuo autistico negli USA.
Mia figlia non è mai stata così bene.
Qui in Italia sto ancora lottando per dare a mia figlia il minimo di quanto lei ha bisogno ...