08 maggio 2009

la povertà che arricchisce


"La fede cristiana ama i paradossi: la forza nella debolezza, la gloria nella croce, la vita nella morte, la saggezza nella follia, la realizzazione nella perdita di sé e tanti altri ancora".

Così, p. Real Tremblay, redentorista canadese e ordinario di teologia morale fondamentale all'Accademia Alfonsiana, presenta le sue otto meditazioni sulla povertà, ne La povertà che arricchisce, una delle mie ultime letture "da autobus", quelle che mi aiutano a entrare nella giornata di lavoro.

"La povertà cristiana ha come fondamento l'amore divino": tutta la Trinità si "spoglia" delle sue prerogative pur di stare con l'uomo e spiegargli l'amore di Dio.

La povertà è "spogliamento" di se stessi per la nostra piena realizzazione, per scoprire che siamo figli di Dio.

Tra le meditazioni, riporto alcuni appunti da quella sulla Chiesa, costituita e lasciata da Gesù come realtà modesta tra le potenze e i potenti (anche religiosi) del tempo, e fatta di "deboli" e poveri, per lo più.

"La Chiesa dei valori evangelici... sarà sempre considerata come una realtà fuori moda in un mondo... i cui dèi sono il successo, il prestigio, il denaro, il divertimento, il sesso ecc... La Chiesa dei valori evangelici è la Chiesa del lievito, che si perde nella pasta...".

"La Chiesa dell'interiorità, dell'intimità con il Signore non sarà mai una Chiesa che attirerà gli sguardi del grande pubblico... la fede professata pubblicamente e vissuta con intensità non sarà mai un prodotto di consumo... L'intimità con il Signore non si pubblicizza, né si ordina o acquista su internet. Una Chiesa che cedesse a questa tentazione per colmare il vuoto delle sue assemblee disertate potrebbe essere un club qualunque, ma certamente non la Chiesa di Gesù Cristo".

"La Chiesa della perfezione è sempre una Chiesa del silenzio... Dunque non chiasso, non concessione all'attivismo, non parole inutile e vuote, che in realtà non sono che una piattaforma per farsi vedere... secondo le abitudini della nostra società supermediatizzata".

La povertà non può essere un'ideologia né una pia moda spiritualistica.
Ma non è nemmeno un accessorio eccentrico e romantico, per chi cerca e per chi collabora al Regno di Dio.

11 commenti:

Paolo ha detto...

Pensa che martedi parleremo proprio dell'inevitabilità della croce (un altro paradosso!) Ciao e buon week end!

Anonimo ha detto...

Complimenti,
bel suggerimento di lettura e di riflessioni.
Sono senza parole.

Certo che... un moralista.... con l'Accademia di Morale.... Alfonsiana...è il colmo!!!
Matteo

Marcello ha detto...

Caro moralista, grazie per le cose belle che affermi e che citi.
Scriveva don Andrea Santoro il 25 gennaio 2003 dalla Turchia:
“Il Signore ci ha concesso in queste settimane di gustare la “beatitudine” della povertà, cioè, come dice la parola, uno “stato beato del cuore”, una pace derivante proprio dalla povertà, o meglio, nel caso nostro (perché “povertà” è una parola grossa in rapporto alla vere grandi terribili povertà), da alcuni aspetti umili e semplici della vita di tutti i giorni, uniti a un po’ di precarietà. Vi faccio alcuni esempi: spesa fatta con economia e mangiare molto semplice (siamo sempre almeno 9-11 persone a tavola), vestiti dimessi ma soprattutto ben pesanti per gli spifferi di tutti i tipi dalle finestre, dalla porte e anche dal pavimento, scrivanie basse (perfino per Piera!) che abbiamo migliorato con precari rialzini di legno, stanze tiepide ma scale, corridoi e bagni gelidi, legna da caricare ogni giorno per la stufa in sala da pranzo, riciclare gli avanzi della spremuta di arancio perché ci sembrava uno spreco, tenere molte cose in valigia per mancanza di armadi, imparare a mischiare tutto insieme nello stesso piatto (pasta, yogurt, insalata, formaggio, fagioli…) scoprendo il piacere di sapori sconosciuti. Anche il Natale è stato vissuto poveramente, perché un normale giorno feriale.”
(Lettere dalla Turchia, pp. 112-113)

marta09 ha detto...

Grazie "moralista" ...

Osteria Volante ha detto...

Ciao moralista,
ho laciato un commento su "motividifamiglia" ma mi sonop poi accorto che questo è il tuo blog personale.

Volevo dirti che sono di Roma zona "La Sapienza" e che ogni volta che vorrai passare nell'Osteria Volante sarai il benvenuto, anche per dicutere su ciò che di primo acchito non ci vede subito d'accordo.

Ma sei di Azione cattolica? Se sì di quale parrocchia?

Ciao

L'oste

Unknown ha detto...

Caro Oste, avevo visto e postato il tuo commento di là, ma senza risposta...

siamo quasi vicini di casa allora... io sono in zona Piazza Vittorio

no, non so di Ac, ma ho delle aderenze, diciamo così, e un paio di amici dentro...

la mia parrocchia sarebbe S. Bibiana.., ma non c'è Ac e nemeno tanto altro, ahinoi... "ci appoggiamo" ai redentoristi di Via Merulana e al Sacro Cuore, per altri motivi... siamo un po' nomadi.

Grazie dell'invito!

Osteria Volante ha detto...

Sì ci siamo rincorsi tra blog..eh eh

Buona giornata!

L'oste

Matteo ha detto...

Continua a vedere... dietro la chiesa di s.Alfonso (Perpetuo Soccorso),...
c'è una grande ricchezza nell'Alfonsianum... da non perdere, immagino che già sai...abbondantemente...
Matteo

Unknown ha detto...

so ;)

holdenC ha detto...

parole su cui riflettere

Anonimo ha detto...

Il Vangelo di stamattina è quello del colloquio fra Gesù e Pietro dopo la Resurrezione. Quello in cui Gesù chiede per tre volte a Pietro se lo amasse. E gli predice il martirio. E alla fine gli dice "seguimi".
Ho pensato che Gesù volesse richiamare Pietro (e quindi noi tutti) all'umiltà, al riconoscimento che è Lui il nostro maestro, che le pecore e gli agnelli sono Suoi, che Egli ci precede nel martirio e nella sequela. Dobbiamo stargli un passo indietro, non un passo avanti; dobbiamo ascoltarlo, prima di parlare, pensando che quando abbiamo cercato di parlare noi per primi, lo abbiamo rinnegato. Anche se ciò ci costa, ci rattrista; anche se vogliamo metterci del nostro, prevalente sul Suo.
torietoreri
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