Sono stato invitato a partecipare a questa discussione.
Il tema: la famosa/famigerata unità politica dei cattolici in Italia.
In genere, il moralista non si mette a fare il politologo, anche perché proprio non ha gli strumenti.
Ma è stata un'occasione per fissare alcune idee che, in fondo, agitano i miei post più "impegnati".
Intanto, credo sia utile, in un Italia che invecchia e che è ancora nelle mani della generazione post-bellica, darsi delle coordinate anagrafiche prima di un qualsiasi ragionamento: io ho 37 anni... Come porre queste questioni a quelli (credenti e cristiani "non occasionali") della mia generazione e di quelle successive?
Poi. Non sono pregiudizialmente contrario a un'unità "politica" dei cattolici.
Ma sono abbastanza preoccupato dall'unità "partitica" dei cattolici, fino a quando non sapremo davvero riformare il modello di politica politicata nell'era dei partiti.
Come Chiesa - andando anche talvolta un po' oltre i confini dello stesso Catechismo, art. 2245 e 2246 - ci siamo attivati direttamente sul campo ("la miglior difesa è l'attacco") e sperticati in elenchi di principi non negoziabili (che a tanti sono sembrati quasi un "Bignami" del cristianesimo... e sapete a cosa servivano i Bignami), ma non so quanto ci stiamo impegnando a riflettere seriamente su cosa dovrebbe essere un politico cristiano in questo Paese.
Essere pragmatici non può e non deve significare necessariamente accettare un "modus" di fare politica, fatto di piccoli e grandi "magheggi", come si dice a Roma, attraverso piccoli e grandi potentati, pur di avere "consenso"... non può esserci condiscendenza su questo, in nome di una presunta "maturità" versus un cosiddetto "ingenuo idealismo".
Se non vogliamo lasciare la riforma morale di questo paese agli sbrigativi tribuni alla Di Pietro (che pure vanno ascoltati con meno spocchia), dobbiamo farla "noi cattolici" questa battaglia.
Infine, e mi collego all'ultima frase. In queste settimane ho avuto modo di leggere il libro di Benedetta Tobagi, che davvero consiglio a tutti, padri e figli e nipoti post secondo conflitto. E mi si conferma un'impressione.
Se ci sono delle persone responsabili che vogliono fare il bene di questo Paese, non possono non avere ben presenti i lasciti "simbolici" di due cristiani che molto hanno dato all'Italia: le lettere dalla prigionia di Aldo Moro e - su un piano ovviamente diverso - la relazione della Commissione d'inchiesta sulla P2 di Tina Anselmi (peraltro di non così facile reperibilità).
Ripartirei da lì.
4 commenti:
Più che un commento ci vorrebbe un trattato. In molti dei miei post (recenti ed antichi) penso si rilevino alcune coordinate, che riassumo brevemente:
1) l'unità politica (e partitica)dei cattolici è servita in tempo di "ideologie", quando cioè dovevano rimarcarsi idee "forti", non pensieri (e soprattutto interessi) deboli, come in questo momento: eppure, anche in quel contesto, l'unità politica dei cattolici non fu un ostacolo, ma un grande dono (come lo furono il socialismo e il liberalismo adunati anche loro in "partiti") per la costruzione dell'Italia democratica fondata sulla Costituzione
2) in atto, è bene che i cattolici, come penso auspicato dal Concilio (Concilio?) percorrano strade anche diverse in politica, rimarcando l'autonomia della politica dalla fede comune; e ritrovino in valori condivisi anche da altri le strade dell'unità
3) non è nella natura del vivere cristiano se queste strade diverse diventano invece trincee, e che non ci si riconosca nella comune fede fra coloro che militano, da cristiani, in partiti diversi. Ci dev'essere qualcosa che non va
torietoreri
www.torietoreri.splider.com
Grazie Tori e toreri.
Puoi leggere il post che ha dato inizio al confronto su http://www.personaefuturo.it (un link che potrebbe interessarti...) o sul mio blog (che già conosci).
Ciao
sì, è il post linkato anche all'inizio del mio.
Due premesse sono necessarie:
1. Cos'è un cattolico.
2. Chi rilascia le patenti di cattolicità.
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