04 agosto 2006

Un po' differenti, un po' uguali (letture)


In cosa si distingue, oggi e sempre, un cristiano dagli altri?
La domanda è complessa, ricca di sfaccettature e possibili risposte, e nasconde alcuni pericolosi rischi. Ma è fondamentale per un battezzato "praticante" (... detesto questa gelida espressione) ed anche, forse di più, per un non cristiano o un "lontano", per usare un linguaggio conciliare.

A questa ed altre domande, mi pare tenti di dare un senso un recente ed agile libretto di fr. Enzo Bianchi (priore della Comunità ecumenica di Bose, ormai anche affermato editorialista su quotidiani nazionali), La differenza cristiana, di Einaudi.
Bianchi è una di quelle figure che mi piacciono molto: obbediente, rigoroso e profondo amante della Chiesa - pur in tutti i suoi limiti - ma capace di libertà, ampiezza di sguardo e "caloroso dissenso" proprio in nome della sua fede. Una fede che nasce da un incontro, da un'esperienza concreta, da una relazione con una Persona che giorno dopo giorno ti cambia la vita e la indirizza (anche nel piccolo); e non una religiosità formale/etica o di convenienza sociale o ideologica e puramente cerebrale.

Gli spunti - su laicità e laicismo, rapporti chiesa e politica, scontro di civiltà, ruolo della "gerarchia" e dei semplici battezzati dentro e fuori la Chiesa - sarebbero moltissimi e attualissimi.

Un assaggio. La "differenza" cristiana è, tra le altre cose, il contrario della "indifferenza" nella vita privata come in quella sociale,: l'indifferenza di chi dice "non è affar mio/mi faccio gli affari miei" e quella più celebrata e di attualità di chi dice e agisce pensando che, in fondo, nelle scelte della vita, "tutto fa brodo", "questo o quello pari son" etc etc... ossia quel "relativismo" a più riprese denunciato, non sempre in modo dialogante ed azzeccato, da tante voci nella Chiesa.

Chiudo. Mentre p. Bianchi presentava questo libro, in Italia si era in pieno dibattito sullo "scontro di civiltà", sulla "persecuzione dei cattolici", sul "rischio di essere minoranza". E mentre anche il Papa pareva accondiscendere, nei rapporti con l'Islam, alla tesi/principio della reciprocità (del tipo "io ti riconosco qui se tu fai lo stesso dalle tue parti"), Bianchi in Tv (da Fabio Fazio) la smontava serenamente, ricordando che il cristianesimo è gratuita e non reciprocità, è la fede di chi, in nome di Cristo, arriva ad amare il suo nemico e di chi non teme la definitività della Croce. Nè il rischio - benedetto, secondo me - di essere minoranza (e non élite!).

Solo un mese prima Bianchi aveva incontrato in udienza privata proprio Benedetto XVI. Che si saranno detti?

3 commenti:

Andrea Rendi ha detto...

Posso chiedere le ragioni del considerare benedetto "il rischio di essere minoranza"?
Grazie.

Unknown ha detto...

Prego.
La frase è un po' contorta. Il senso è che è una benedizione non temere di essere minoranza. Non c'è nulla di catastrofico, nè di rinunciatario, nè vuol alludere al rinchiudersi in cerchie di "duri e puri"; è una benedizione, perchè considero ambigua e fuorviante la paura (tutta mondana) della perdita del consenso, la paura di non poter convertire tutto il mondo, l'ossessione per quanti sono quelli che siedono nei banchi delle chiese la domenica (e non per chi sono)... è a causa di questa paura che poi la Chiesa scende a patti con una mentalità secolare, fin troppo pragmatica e opportunistica: si guadagnano voti, consensi intellettuali, qualche puntata di Porta a Porta, ma si rischia di perdere il centro... sono i frutti della paura di chi non ha Fede (anche nella Chiesa). E non c'è niente di spititualistico in quest'affermazione. Potrei approfondire ma vorrei usare categorie abbastanza universali.

Andrea Rendi ha detto...

La frase non era contorta, ma mi aveva indotto il dubbio che celasse proprio quello che esplicitamente negava, e cioè il desiderio di sentirsi appartenenti ad una minoranza elitaria.
Proprio quello che a me sembra trasparire nelle parole di personaggi pubblici che a mio parere usano temi cristiani solo ai fini della ricerca di consenso. Ciao.