19 ottobre 2010

Lavoratori eticamente sensibili


Sul lavoro ci sono da fare molte scelte “eticamente sensibili”. E sono scelte dure anche perché nelle vite di alcuni sono quasi quotidiane. Il rischio è che si camuffino nell’ombra densa della “normalità”, tra un giornale divorato in equilibrio precario su un autobus, una spesa al supermercato all’ora di chiusura e la tv sul divano la sera con famiglia e affini.
Per molti, i criteri di discernimento sono pochi e semplici se non obbligati. Per Mario, per esempio, no. Mario deve decidere su una cosa che gli sembra cruciale. E non ci trova nulla di semplice. Eppure anche lui vorrebbe scegliere per il meglio, anzi, per Bene.

Il suo capo gli ha proposto – tra battute riduttive e pacche sulla spalla – di sostenerlo in una sua “manovretta” di ascesa gerarchica, con annessa qualche “innocua” bugiola da raccontare ai superiori e da scrivere su di un report. E per fortuna non si occupa della parte contabile della vicenda: un peso in meno sulla coscienza. Se Mario assecondasse il giochino, ne guadagnerebbe una piccola promozione. Ma stare al giochino significherebbe sbugiardare il lavoro parallelo, tra l’altro trasparente e professionale, di una collega, Roberta, e rubarle di fatto la “sua” promozione. Non assecondando il capo, invece, perderebbe dei soldini tanto utili e probabilmente un’ultima occasione di carriera.

Che fare?

Mario esce dalla Messa, nella sua parrocchia. È la sua comunità, e diciamo che è uno impegnato. Il suo parroco rammenta spesso la grande bussola del laico italiano contemporaneo, i “principi non negoziabili”. Riascolta il “mantra”. Lo medita di nuovo. Guarda amici e “correligionari”: sorrisi, abbracci, “come stai?”, “ricordati la riunione del gruppo giovedì”, “vieni alla mensa Caritas sabato?”, “ci sei alla lectio mercoledì?” etc etc…
Torna a casa. Legge un quotidiano cattolico e ritrova anche l’altro “mantra”, quello dei “temi eticamente sensibili”. Una profusione di commenti illuminati, iniziative e convegni, manifestazioni e veglie di preghiera, la riflessione del vescovo di turno………Un attimo: e io che faccio con Roberta e col il mio capo? C’è una parola per me, su questo? Un parroco e una comunità che mi sostiene, anche qualora facessi una scelta che non mi conviene, un “fuori schema”? Un vescovo che mi apra l’orizzonte? Un bel documento della Chiesa che dice a me – e a tutti – che cosa “non dovrebbe essere negoziabile” nella scelta che devo fare?

Questa è la storia di Mario. Ma c’è anche quella di Claudia, contabile in un’impresa edile, che deve decidere se denunciare o meno il suo capo che assume in nero i muratori; o quanto meno rifiutarsi di stare al gioco, con un esito scontato. Oppure c’è Giovanni, imprenditore, che partecipa a una gara d’appalto per un grande servizio pubblico: gli fanno capire che l’unico modo per avere il lavoro è “oliare” la macchina. O, anche, Massimo, ristoratore… il locale è in buona posizione, ma le cose non vanno tanto bene: qualcuno che “deve ripulire dei soldi” gli offre di entrare in società portando liquidi freschi.

Che devono fare Mario, Claudia, Giovanni, Massimo? Chi li sostiene? Chi li incoraggia? Che sponde trovano nella produzione pastorale, culturale e persino politica di tutta la Chiesa italiana?

Non è una domanda retorica.

(foto flickr/askthepixel)

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Per Mario: Coinvolgere Roberta, dirle quello che sta succedendo, scrivere il report in modo onesto senza inventarsi nulla e magari dividere con Roberta i soldi guadagnati in più oppure dire chiaramente al capo: non lo posso fare.
Per la domanda: La risposta è nessun aiuto.
mk

Anonimo ha detto...

Per Mario: Terza soluzione. Dire al capo: Non lo posso fare senza Roberta
mk

Unknown ha detto...

Cara mk... grazie, questa è una delle possibili risposte alla mia domanda: "è chiesa" anche la persona che sta vicino, ti ascolta, ti "dà un consiglio"... benissimo, giusto, ottimo, vero...

ma... va bene, il consiglio, la pacca sulla spalla, lo sguardo comprensivo... ma poi Mario, etc etc, se la devono vedere da soli...... di fronte alle conseguenze della scelta. E mi si può rispondere... "ehi, ciccio... questa è la vita! Che vai cercando?".

Vado cercando (e qui faccio outing, Mario mi perdonerà se prendo il sopravvento) una comunità che sa creare una rete di sostegno concreta per consentire alle persone scelte delicate e "non mondane", di giustizia: dire dei "sì alla vita", dicendo dei "no" all'aborto o all'eutanasia etc etc ma anche a un lavoro disonesto, a una contratto in nero per una casa, a qualsiasi scelta che per sollevarmi un peso o procurarmi un guadagno potrebbe diventare un macigno nella vita di altre persone...

Vado cercando una chiesa che "liberi", scateni scelte di fede e di speranza, sempre. Su inizio e fine vita ci sono esperienze (a macchia di leopardo e non diffusissime peraltro) che assomigliano a questo, sul resto mi sembra che facciamo fatica...

sPuntoCattolico ha detto...

Onestamente non vedo le tue perplessità.. una chiesa che esprima fede e speranze su queste problematiche mi sembra che vengano proposte ripetutamente guarda ad esempio i numerosi proclami dei vari papi, la settimana sociale cattolica (conclusasi proprio ieri), il meeting di rimini.. o forse vuoi proprio una chiesa che mantenga finanziariamente chi è vittima dei soprusi del post? senza polemica ma solo per capire dove effettivamente vuoi andare a parare

Unknown ha detto...

ciao, sPunto.

io invece non vedo l'armamentario e il movimento culturale e di carità che si muove (sebbene a volte anche qui più in linea di principio e/o per iniziativa di singoli di buona volontà) su certi temi... per quanto riguarda i "proclami" (argh!) del Papa, se è per quelli, abbiamo anche bellissimi passi profetici di diverse encicliche, ma poi...

il problema è che non credo di parlare di soprusi... ma di scelte che spesso facciamo giorni, a volte con stanca o rassegnata a-criticità (o in perfetta solitudine) ogni giorno...

e sì, senza polemica, mi piacerebbe una chiesa che - in modo aperto e non "sottobanco" - si possa fare vicina concretamente in certi casi. Forse tanta più gente farebbe scelte nuove...

per esempio, so (per sentito dire, sempre "pissi pissi bau bau") che in certi movimenti questo succede... come succede che tra famiglie di amici ci si organizzi anche fino a questo punto... ma sarebbe bello che queste "lanterne" venissero tirate fuori da sotto ai letti...

sPuntoCattolico ha detto...

Certo, si può sempre fare di meglio ma purtroppo la chiesa è fatta di uomini. Non esagererei dicendo che non si fa niente...
Poi altrimenti qualcuno si potrebbe scandalizzare che la chiesa intervenga troppo sugli affari di stato e dei cittadini.. sai lo stato deve essere laico ;-)
A parte i scherzi, per fare esempi pratici: c'è la comunità di Don Benzi che tira fuori dalla strada chi è in difficoltà, ci sono alcune realtà cattoliche anti-usura, altre che si prodigano contro la pedofilia (Don Di Noto), i parroci antimafia molto radicati nel territorio, c'è la caritas che sostenta ogni giorno le persone in difficoltà o per altre iniziative internazionali vedi ad esempio http://dallaragioneallafede.blogspot.com/2010/09/iniziative-ed-opere-cattoliche-nel-mese.html

Unknown ha detto...

@sPunto: non è in ballo la laicità dello Stato né ignoro le iniziative che citi... faccio un discorso diverso... ma aspetto altri commenti - se ci saranno - prima di dettagliare...

Marco Fin ha detto...

Ciao Simone ciao tutti.
Anch'io sogno una Chiesa con un respiro più ampio, maestra di vita che ci accompagni nel concreto a declinare il Vangelo nelle nostre vite oltre che a declamare i sacrosanti principi non negoziabili.
Credo comunque che in queste scelte il dramma e la fatica personali sarebbero poco attenuati dai proclami della gerarchia, perchè comunque in ultima analisi la responsabilità rimane individuale e non può essere demandata.
Molto più utile il riferimento a una comunità di fratelli con cui ruminare la Parola di Vita e condividere pezzi di vita (sempre di Chiesa si tratta!). Solo un fratello può darti il coraggio che serve se è disposto però a condividere le conseguenze di scelte fuori dal coro.
La Chiesa istituzione potrebbe forse maggiormente incoraggiare la formazione di queste comunità/fraternità ma l'iniziativa deve necessariamente nascere dal basso, dal bisogno o dalla visione del cristiano "comune" che avverte il desiderio di una sequela di Gesù sempre più radicale.

Per esperienza dico a Mario di dire no al suo capo perchè quello che gli chiede è contrario alla sua coscienza formata sul Vangelo che ci chiede di essere trasparenti e non ammette inganni e menzogne. Io l'ho dovuto fare in alcune situazioni, ho avuto accese discussioni e qualche conseguenza professionale a consuntivo con cui convivo però piacevolmente.
Quando invece non sono riuscito a farlo (perchè capita purtroppo) mi sono sentito male a lungo finchè non ho rimediato.

Grazie per il post al quale potremmo aggiungere estremizzando una serie di altre situazioni eticamente sensibili meno epocali per l'esistenza ma più quotidiane:
1) lo scontrino fiscale...questo sconosciuto
2) le parcelle esorbitanti dei medici intra moenia
3) le cacche dei cani abbandonate per strada.
4) l'auto parcheggiata sullo scivolo delle carrozzine

Dovremmo litigare con un sacco di gente ogni giorno? O limitarci a dare il buon esempio?

Ho paura però che una Chiesa troppo concentrata a dirimere questioni morali passerebbe troppo tempo a giustificare le sue scelte al mondo e troppo poco a parlare di Gesù. Non so se valga la pena.

Marco

Stefania Falsini ha detto...

Di getto mi sento di dire che quelle che tu poni le vivo come scelte individuali le cui conseguenze deve cuccarsele la persona stessa che le trova giuste, per tante ragioni: magari perché la sua esistenza si fonda sul Vangelo o magari perché vuole essere semplicemente una persona corretta che crede in valori importanti di convivenza civile. Di qui l'elenco numerato proposto da Marco Fin decisamente condivisibile ad integrazione delle importanti piccole scelte quotidiane che si possono fare. Non riesco a cogliere il buono di una comunità ecclesiale che fa da rete di salvataggio, soprattutto se il salvataggio lo si intende in termini concreti e non spirituali. Questo è al momento il mio pensiero "a caldo". Attendo però con fiducia una interpretazione della cosa che mi farà vedere altre prospettive. Grazie a Simone e a tutti coloro che animano lo scambio di idee.

Marco ha detto...

Domande interessanti, che hanno una risposta chiara e ben conosciuta da tutti, dentro e fuori la chiesa: non rubare, non dire falsa testimonianza, ecc. - siamo ai fondamentali del decalogo-, ma certamente scomoda, perché è costume di molti/tutti non attenervicisi, a cominciare dalla chiesa che ricerca sempre pivilegi (vedi ICI per attività commerciali e via dicendo). Dunque il problema non è dove trovare una parola, ma una comunità che la viva. Con buona pace dei valori non negoziabili e dei temi eticamente sensibili. La legalità è cosa ben più seria e necessaria in un paese come il nostro ben poco abituato....
Pace a tutti.

Unknown ha detto...

allora... la "critica" è aspra e serrata (anche fuori blog... ora l'articolo è pubblicato anche su vinonuovo.it e sono cavoli!) e il povero autore è circondato.
Devo/Voglio dare alcune risposte, in più commenti successivi, con una premessa: molti di coloro che hanno commentato mi conoscono "de visu"... mi sopportano da anni... conoscono nevrosi, fissazioni e anche fragilità umane e persino calcistiche :)... questo fa parte del gioco... e scrivere aiuta anche a verificarsi. Tutta esperienza. E la cosa probabilmente condiziona un po' il dibattito... Magari, in meglio. Detto ciò vado ad alcuni spunti di rimando ai vostri commenti.

Unknown ha detto...

1) moralità e legalità, e Chiesa: vedo che molti si soffermano su questo versante della questione. In effetti è uno dei temi, e anche dei miei temi. Per capirci, non considero come principale missione della Chiesa in questo mondo fare "il cane da guardia della moralità" (in questo senso, accolgo la riflessione di Marco Fin). D'altra parte mi pare evidente che sul tema "morale" gli input (e anche gli "aiutini" concreti) che sia collettivamente che individualmente i battezzati ricevono in Italia, sono molti e a volte invasivi, "a tappeto", su alcuni temi; flebili vocine (e "aiutini") su altri (lavoro, uso dei beni di proprietà e dei beni economici e dei beni naturali).

Questo mi sembra persino banale costatarlo, sebbene ci sia anche un certo "negazionismo" su questo squilibrio. E la difesa d'istinto dei "negazionisti" è bollare di moralismo chi lo evidenzia... vabbè... è uno dei motivi per cui è nato questo blog.

Unknown ha detto...

2) chiesa e comunità "ideale" (o idealizzata?) e scelte di coscienza del singolo

Tenuto conto del punto 1), tenuto conto di tutti i vostri rimandi, e delle mie personali debolezze di cui alla premessa... questo è il tema centrale che pongo. Vorrei avere sufficienti argomenti teologici per spiegarmi con i termini esatti.
Le scelte morali, in fondo, per chi crede, sono scelte di libertà. La comunità ecclesiale che immagino è tale che, pure "assediata" (?) dal mondo, sa aiutare i singoli battezzati a fare scelte di libertà e di liberazione.

Esempio: sul vasto e delicato tema dell'inizio vita, c'è un proliferare di iniziative ecclesiali (nate dal basso, come auspica Marco Fin, ma anche no) che mirano ad aiutare le ragazze/le donne e le loro famiglie/compagni/etc etc a "poter scegliere di non abortire"... bello, conosco storie bellissime. Queste iniziative sono promosse, raccontate, si invita a replicarle nelle comunità parrocchiali etc etc...........

Ci sono altre scelte morali o solo di coscienza (se la parola "morale" svia la mente), che hanno gravi ripercussioni sulla vita di chi le deve fare e anche su terzi, persino ignari... anche qui il principio della difesa della vita mi pare opportuno e applicabile...

Queste persone, "parafrasando" il Vangelo di domenica scorsa... lasciamo stare i dibattiti pubblici, i documenti ufficiali etc etc... troveranno fede (in loro) nella loro comunità?

Se non siamo in grado di tirare fuori da sotto il letto alcune lanterne profetiche (famiglie che si autorganizzano per sostenersi economicamente e concretamente anche in casi del genere, alcune modalità che so essere presenti in certi movimenti etc)... mi domando... non dico tanto, ma almeno 10 persone che non mi guardano come un alieno se sto per fare una delle scelte di cui parla anche Marco Fin, le troverò?

Perché se so che ci sono (e che non le devo andare ravanare sempre nelle catacombe della vita ecclesiale) è assai probabile che altre persone si sentiranno più incoraggiate a prendere con coraggio certe decisioni di liberazione.
Decisioni che poi ovviamente ricadono in primis sulla capoccia di chi le prende. E qui mi riferisco al commento di Stefania.

Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto...

Stretto stretto, se ho capito, ti e ci chiedi: cosa ci divide dal passare dalle parole ai fatti?

Io direi che mancano forti "testimonianze", che a volte ci aspetteremmo da chi è in alto.
Certo la Parola che è ridotta solo a "parola" fa arrabbiare...

Sai come è poi ci sarebbe chi obietta, forse non è così, ma, però, forse, chissà, in fondo ecc.

C'è poco da fare, alla fine ai piedi della Croce c'erano solo Giovanni, Maria e la Maddalena.

Quindi...

lycopodium ha detto...

A me pare sia davvero importante la tua idea.
Meritevole di omoggio pubblico.
Testimoniare Cristo, testimoniare le virtù cristiane non deve essere atto di eroismo individuale, da lodare ma da tenersene - come Chiesa - rispettosamente a distanza, per scansare i colpi del mondo...
Potrebbe essere un modo di incarnare la "communio sanctorum" non come dato, ma come compito: se c'è un "santo", va sostenuto, perchè tale si conservi e trascini gli altri.

Unknown ha detto...

caro lyco, grazie... non sai come mi fa piacere il tuo commento stamattina...