22 novembre 2006

Il ritornello

Devo fare una confessione.
C'è un ritornello che riecheggia in tante opinioni, in tante ricostruzioni giornalistiche, in tante arringhe di politici, amministratori, imprenditori, presidenti di qualcosa o di niente, ma anche di veline, tronisti e di certi sacerdoti... un ritornello, confesso dunque, ormai insopportabile come certe suonerie di certi telefonini di certe signore finto-sbadate o signori very-cafoni.

Il ritornello, lo conosciamo tutti, suona così: "non bisogna generalizzare". C'è anche la variante "ma la maggioranza (...) è sana". Oppure nella versione più riflessivo-intimistica... "ma io sono una persona perbene".

E allora se scopriamo che la Camorra ('O Sistema, come ci ha insegnato a chiamarla Saviano) è uno dei pochissimi gruppi economici floridi e in crescita del Paese e che si insinua in tanti, troppi angoli insospettabili della società civile, scatta il ritornello; se, senza bisogno di dati dei ministeri, ci riconosciamo per strada come un popolo che fa dell'evasione fiscale una cultura quotidiana e quasi un diritto civile, scatta il ritornello; se allo stadio, anche nelle prestigiose tribune vip, il linguaggio della violenza, della sopraffazione, del bullismo di strada trova finalmente uno spazio di libera espressione (fuori dai vincoli residui della convezione, delle buone maniere)... poi, dopo che è successo qualcosa... scatta il ritonello.
Potrei, potremmo, continuare all'infinito, con questo ritornello dell'irresponsabilità.

Non ci credo più alla retorica della maggioranza buona: qualcuno vuole anche farla passare come un richiamo alla speranza, all'ottimismo... Non è vero.

La speranza c'è, ma è fuori da questa retorica. E' dentro scelte e gesti quotidiani di certe persone, visibili a chi vuol guardare, fragorosi per chi ha orecchi per udire; gesti rischiosi in proprio di volti impauriti ma tenaci. Ma questo è un altro post...

ps: a breve il lancio della campagna moralistica "Affitto di fiducia".

(Photo by Felipe Skroski - Creative commons)

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