Alla fine è online. Dal 18 agosto 2015 (con circa 2 anni e mezzo di ritardo dalla previsione di legge) è ufficialmente attiva sul sito dell'Inps la procedura per richiedere via web il congedo parentale su base oraria (il cosidetto congedo parentale a ore).
Dico "alla fine" perché è stata una curiosa avventura burocratica (e anche uno studio di caso di comunicazione istituzionale) iniziata per me nell'ottobre del 2014 pochi giorni dopo la nascita di mio figlio Francesco.
In quel periodo ho cominciato a informarmi su questa forma di congedo (che già avevo utilizzato per gli altri tre figli, ma non su base oraria), salvo scoprire che - nonostante fosse ampiamente promosso e spiegato anche sul sito dell'Inps - era di fatto impossibile farne richiesta.
Una classica situazione in cui la burocrazia (che nasce per semplificare la vita delle persone offrendo a tutti le stesse opportunità) fa divenire una tregenda quella che dovrebbe essere invece una sana e intelligente opportunità; e un'occasione perduta, per i tantissimi che di fronte agli ostacoli rinunciano, quella che potrebbe essere una buona pratica diffusa.
Spinto da una duplice motivazione, quella del cittadino/genitore/lavoratore frustrato e del "comunicatore" perplesso, scrivo così un post che diventa piano piano una specie di "forum" improvvisato sulla questione. Sì, perché scopro di non essere il solo in Italia a immaginare di godere di questo tipo di opportunità. Dal primo commento di Nunzi a Francesca, da Luisa a Luisa2 (papà come me pochi pochi, a dire il vero) si forma piano piano una piccola comunità che per mesi e mesi si aiuta a capire come cavarsela. Incluse le modalità per fare pressione su Inps e istituzioni.
Perché pare che il mio povero post campeggiasse in cima ai risultati di ricerca di Google sull'argomento specifico; dal momento che altrove, quotidiani e siti specializzati inclusi, non c'era modo di capire come risolvere la questione.
Stante che poi io il congedo a ore non l'ho più potuto e voluto richiedere, la parte bella della vicenda per me è proprio la costituzione di questa comunità informale di perfetti estranei che senza insulti, minacce, ruspe o ipotesi di complotto, quanto meno è riuscita ad ottenere una risposta ufficiale e una soluzione utile non solo ai diretti interessati.
Una soluzione parziale, però, perché alla luce delle ambiguità, vere o presunte, del Jobs Act - che ha recentemente ampliato l'istituto del congedo parentale - solo coloro che hanno un CCNL che lo preveda nel dettaglio, possono ottenere un vero congedo su base oraria. Gli altri possono solo chiedere un congedo per metà delle ore della giornata di lavoro: in pratica un part-time e non un congedo a ore, che neutralizza la logica dello strumento.
La realtà è che siamo ancora lontani da un Paese (sistema di welfare pubblico e aziende) che consideri la flessibilità del lavoro e la conciliazione lavoro-famiglia come un segno di civiltà e persino come un fattore di maggiore produttività del lavoratore.
ps. il congedo parentale in Italia costa al lavoratore (si pensi all'impatto su famiglie monoreddito) il 70% delle stipendio. Invece, tanto per capirci, ci sono aziende nel mondo che garantiscono a neomamme e neopapà un anno di congedo retribuito al 100% per stare a casa col proprio figlio dopo la nascita.
Dico "alla fine" perché è stata una curiosa avventura burocratica (e anche uno studio di caso di comunicazione istituzionale) iniziata per me nell'ottobre del 2014 pochi giorni dopo la nascita di mio figlio Francesco.
In quel periodo ho cominciato a informarmi su questa forma di congedo (che già avevo utilizzato per gli altri tre figli, ma non su base oraria), salvo scoprire che - nonostante fosse ampiamente promosso e spiegato anche sul sito dell'Inps - era di fatto impossibile farne richiesta.
Una classica situazione in cui la burocrazia (che nasce per semplificare la vita delle persone offrendo a tutti le stesse opportunità) fa divenire una tregenda quella che dovrebbe essere invece una sana e intelligente opportunità; e un'occasione perduta, per i tantissimi che di fronte agli ostacoli rinunciano, quella che potrebbe essere una buona pratica diffusa.
Spinto da una duplice motivazione, quella del cittadino/genitore/lavoratore frustrato e del "comunicatore" perplesso, scrivo così un post che diventa piano piano una specie di "forum" improvvisato sulla questione. Sì, perché scopro di non essere il solo in Italia a immaginare di godere di questo tipo di opportunità. Dal primo commento di Nunzi a Francesca, da Luisa a Luisa2 (papà come me pochi pochi, a dire il vero) si forma piano piano una piccola comunità che per mesi e mesi si aiuta a capire come cavarsela. Incluse le modalità per fare pressione su Inps e istituzioni.
Perché pare che il mio povero post campeggiasse in cima ai risultati di ricerca di Google sull'argomento specifico; dal momento che altrove, quotidiani e siti specializzati inclusi, non c'era modo di capire come risolvere la questione.
Stante che poi io il congedo a ore non l'ho più potuto e voluto richiedere, la parte bella della vicenda per me è proprio la costituzione di questa comunità informale di perfetti estranei che senza insulti, minacce, ruspe o ipotesi di complotto, quanto meno è riuscita ad ottenere una risposta ufficiale e una soluzione utile non solo ai diretti interessati.
Una soluzione parziale, però, perché alla luce delle ambiguità, vere o presunte, del Jobs Act - che ha recentemente ampliato l'istituto del congedo parentale - solo coloro che hanno un CCNL che lo preveda nel dettaglio, possono ottenere un vero congedo su base oraria. Gli altri possono solo chiedere un congedo per metà delle ore della giornata di lavoro: in pratica un part-time e non un congedo a ore, che neutralizza la logica dello strumento.
La realtà è che siamo ancora lontani da un Paese (sistema di welfare pubblico e aziende) che consideri la flessibilità del lavoro e la conciliazione lavoro-famiglia come un segno di civiltà e persino come un fattore di maggiore produttività del lavoratore.
ps. il congedo parentale in Italia costa al lavoratore (si pensi all'impatto su famiglie monoreddito) il 70% delle stipendio. Invece, tanto per capirci, ci sono aziende nel mondo che garantiscono a neomamme e neopapà un anno di congedo retribuito al 100% per stare a casa col proprio figlio dopo la nascita.